mercoledì 25 giugno 2014

La parabola dei punti.

La riflessione sui punti (vedi post di gennaio) che non riesco (riuscivo?) a mettere ha continuato a farmi compagnia in questi sei mesi e, come tutto ciò che vive, si è modificata, ha prodotto esiti nuovi, si è arricchita o forse precisata in alcuni aspetti.E quindi beccatevi quanto segue!

I punti non sono un atto di mera volontà. Non puoi decidere tu dove e quando metterli. E' la frase piuttosto, col suo incedere, nel suo svilupparsi, che detta la punteggiatura. E' il pensiero che sta dietro quella frase. Se cerchi di forzarli e di imporgli dall' "esterno" la punteggiatura, il pensiero o la frase restano monchi, spezzati, insensati. Da qui la necessità di usare in alcuni casi i puntini sospensivi. Un modo per continuare a galleggiare dentro il pensiero e per recuperarne la fluidità impedita dal goffo tentativo di mettere un punto proprio là dove non può stare, o forse non ancora.

I punti arrivano da soli quando il discorso diventa sufficientemente maturo. Bisogna passare attraverso l'identificazione del soggetto, la specificazione del suo agire o del suo essere, occorre definire il contesto, il come o il perché. Ci si muove tra virgolette e congiunzioni, tra virgole e "quasi punti" (punti e virgola). Ci si perde dietro ai "due punti" o dentro le parentesi. 
Allora la frase, un po' come le fasi che viviamo, inizia a srotolarsi come un nastro e pian piano le sue componenti prendono forma, il senso inizia a palesarsi e a suggerire l'intonazione, il ritmo, con cui la si dovrà leggere/interpretare.
E' in questo ritmo, nel suo rispetto e a suo compimento, che arrivano i punti, come la doppia stanghetta alla fine dello spartito.Chiudono il periodo.
Non puoi anticiparli nella logica e nella cronologia della frase, non puoi evitarli alla sua conclusione.
La mia resistenza nel mettere i punti diventa, in questa prospettiva, non solo paura dei nuovi inizi ma anche frutto della fretta che alle volte fa pensare che si debbano mettere anche se non si è ancora capito il senso della frase. L'ignoranza rispetto al possibile significato del periodo, da una parte indurrebbe a troncarlo subito dall'altra però frena. Non si riesce a guardare con fiducia al nuovo inizio perché non si è ancora capito il finale del capitolo precedente.
Stavolta ho letto la frase fino alla fine e alla fine del capitolo. Non era il finale che mi aspettavo ma era il finale che desideravo (perché a volte - stranezze della mente umana - finiamo con l'aspettarci ciò che in realtà neanche noi vogliamo). La paura della pagina bianca ha ceduto il posto alla speranza e all'entusiasmo che vengono dalla consapevolezza che dietro quella pagina non c'è il vuoto ma una vita vissuta e ora ricapitolata in Qualcuno.
E allora: punto e a capo.