sabato 12 dicembre 2015

Lode dei gesti rubati...la moltiplicazione:-)

Per i silenzi che sanno accompagnare e custodire piú di mille parole e per le parole che nascondi nel silenzio, tanto sono preziose. Per le lacrime da cui riparte la vita e per i sorrisi nuovi attraverso cui corre spontanea. Per il freddo che si appoggia sulle guance e apre i polmoni, ricordandoti quanto in profonditá possa arrivare il respiro. Per le cime appuntite che ricostruiscono il tuo desiderio di conficcarti nel cielo. Per il sorgere lento e graduale del sole che non illumina tutto in una volta:inizia dalle cime e poi scende nella profonditá degli abissi. Per le "panchine panoramiche" disperse lungo il cammino che ti invitano a sostare,a rallentare il passo, a trattenere la bellezza. Per tutte le volte in cui ti inoltri fino a perderti e poi scopri che il modo di orientarsi esiste sempre: basta sapere dove tornare! Per l'amore semplice,nudo,diretto, di chi ti vuole bene perchè vuole il tuo Bene. Per quegli incroci di vita che mai avresti saputo immaginare e che ti parlano di una creativitá Altra. Per la condivisione profonda che non passa dal racconto delle vite ma dall'ascolto dei battiti. Per chi senza neanche incrociare il tuo sguardo anticipa una richiesta,precede un bisogno,ride del tuo riso e ha sogni e visioni della tua stessa pasta. Per gli occhi che profumano di eterno.

lunedì 2 novembre 2015

Lode dei gesti rubati

Per i sorrisi scambiati,
che volano da un lato all'altro di una stanza
sulle traiettorie di sguardi cercati.
Per la mano che si poggia improvvisa sulla spalla
a dirti una presenza
e per quella che in mezzo alla folla cerca, sicura, la sua corrispondente in cui incastrarsi.
Per il tocco leggero sulla guancia di un volto stanco
che promette conforto e ristoro.
Per lo sguardo fiducioso e tremante di una madre
che a distanza segue i primi atterraggi del figlio.
Per il gesto timido e furtivo di chi,
passando davanti ad una chiesa,
avvolge il suo corpo nell'abbraccio trinitario
di un segno di croce.
Per quel fazzoletto non chiesto
che tempestivo ti arriva tra le mani
ad asciugare le lacrime.
Per quel profumo di tenerezza che sale dal bacio di un padre
mentre tra le braccia stringe una piccola vita addormentata.
Per quel filo di complicità che congiunge cuori
che condividono sogni e realtà,
pur nel silenzio delle parole.
Per quei corpi anziani che quasi incastonati l'uno nell'altra
 - tanto si appartengono ormai -,
fanno ancora la strada insieme,
conoscendo l'uno il passo dell'altra,
aspettando l'uno il tempo dell'altra,
rispettando l'uno la sosta dell'altra.
Per lo stupore negli occhi del viaggiatore
che non si stanca di gustare il creato e lì,
sedutoti accanto, chiude gli occhi,
offrendo il viso al sole, e sorride.
Per il pianto nascosto e lo sguado smarrito
di una donna che non riesce a vedere il futuro.
Per il canto di lode che nella notte, con forza,
eleva la donna non più padrona del suo corpo
ma ancora libera di offrire la sua preghiera.
Per tutti questi di pezzi di vita rubata,
ascoltata con gli occhi,
custodita nel cuore,
Grazie.

venerdì 4 settembre 2015

La non appartenenza del dono

Il donarsi è uno spazio di "non appartenenza reciproca".
Il dono, una volta divenuto tale, non appartiene più a colui che l'ha donato, ma non appartiene mai del tutto neanche a colui che l'ha ricevuto. E' il privilegio del dono che in quanto gesto libero d'amore esige eguale libertà e rifiuta ogni proprietà.
In quel non essere di alcuno sta il suo essere per l'altro.

La fatica del dono è sempre  nella sua "non appartenenza", quale che ne sia l'oggetto. Pretendiamo di avere titolo su ciò che da noi proviene: un regalo, una parola, uno spazio, un tempo.
Continuiamo a mettere la parola "mio" davanti a quello che pur vorremmo donare: manteniamo la presa, vi incidiamo le nostre iniziali. Non c'è verità in questo dono.

Se l'oggetto del dono siamo noi stessi la "non appartenenza" che esso pretende inevitabilmente lacera.
Siamo nostri e non lo siamo più. Siamo noi ma lo siamo nell'altro.
Ci diamo e per darci scompariamo.

Nell'amore lo scomparire riguarda entrambi,per non essere somma ma unità.
Non è mai rinuncia del sè ma pienezza del noi.
E' il mistero di due che si fanno uno, unica via dell'amore fatto in due.

mercoledì 12 agosto 2015

Alla fine del giorno

Alla fine del giorno ti ripesco così.
Ti ritrovo incastrato nella rete lanciata distrattamente all'alba.
Ha le maglie larghe, ma il pensiero di te resiste serrandosi intorno al tessuto.

Alla fine del giorno ti ritrovo così, seduto alla mensa dei ricordi.
Sei rimasto in silenzio tra nuvole di cotone stese nel meriggio caldo che ti velano e svelano continuamente.
Hai la sagoma in penombra, ma il pensiero di te si impone nitido oltre le tende e le lenzuola.

Alla fine del giorno ti spalanco così.
Sei finestra su mare aperto, terrazza vista sogni.
Hai il vento dentro gli occhi e nel cuore, ma il pensiero di te ha trovato maniglie cui aggrapparsi nella bora.

Alla fine del giorno ti scavo così, dissotterrando parole divenute ormai pietre.
Sulle pietre c'è sabbia.
Ti prendo tra le mani ma già sfuggi insidiandoti in fessure remote dell'animo. E il pensiero di te, come cemento, compatta desideri e paure, alla fine del giorno.




venerdì 7 agosto 2015

Non meno di così.

Se non è luce che come calamita ti attrae verso altra luce,
se non sa darti respiro né cerca aria nel tuo,
se non è movimento costante e viaggio,
se non segue il ritmo dei desideri e il distendersi dell'orizzonte,
se non sa cercare né farsi trovare,
se non sa trovarti né induce a cercare,
se non conosce le parole della novità,
se non danza con te il ballo dei sogni,
se non lascia cadere le imbracature comode dell'immobilismo,
se non indossa gli abiti sottili della speranza,
se non parla il linguaggio dei tuoi sguardi
e lascia parlare il vociare intorno,
se non intreccia le sue mani alle tue per tessere fili di vita,
se non sa farsi trampolino né casa,
se non fa spazio né lo conquista,
se non riesce a farsi uno davanti al mondo e tutto insieme a te
allora non è.
Come quel momento in cui due vite si sovrappongono in un sorriso scambiato al cospetto del sole e sparso dal vento sul mare.
Meno di tutto questo non è.

martedì 14 luglio 2015

Non ho aperto quella porta (parte prima...forse)

"Quando hai chiuso la porta credevi che non avresti più dovuto riaprirla?"
"Non so se ho capito cosa intendi. Comunque non ci ho pensato".
"Non ti sei proprio posto il problema?"
"Non c'è stato neanche il tempo per farmi la domanda. Ho poggiato la mano sulla maniglia, ho fatto una leggera pressione e la porta ha iniziato a muoversi, agevolata dal vento. Il tempo di realizzare quanto sarebbe successo di lì a poco e già mi era impedito di guardare indietro. Sono rimasto immobile dietro la porta chiusa - quasi interdetto - per non più di cinque secondi...infiniti...mi sono parsi infiniti. Non potevo credere che ci volesse così poco a chiudere.Uno sta dentro le relazioni per anni, ci mette anni ad entrarci, a fidarsi, si trascina in esse per anni cercando di capire se e come gestirle, portarle avanti o chiuderle e poi in un secondo...puff... la porta è chiusa."
"C'ero anche io comunque".
"Dove?"
"Dietro quella porta, in quei cinque secondi, c'ero anche io. Sapevo che eri lì. Potevo sentire il tuo respiro. Intuivo la tua espressione. Avrei potuto aprire anche io in fondo. Ci avrei messo lo stesso tempo che tu ci hai messo a chiudere, ma non ho avuto la stessa incoscienza...credo. Per me il pensiero ha preceduto il gesto e in quel pensiero c'era tutta la pesantezza della ricerca della sicurezza, della certezza ad ogni costo. Se apri- mi sono detta -devi essere disposta ad andare fino in fondo. Ma fino in fondo dove?"
"Non pensare che fossimo così lontani: è più o meno la stessa cosa che ho pensato io: se busso devo essere sicuro di volere che mi riapra"
"A pensarci siamo cascati in un tranello, non trovi?"
"Quale sarebbe?"
"Questa storia dell'essere sicuri al 100%, fino in fondo. E' praticamente impossibile. Come puoi essere sicuro di qualcosa che non conosci, che non vedi, che non puoi neanche immaginare tante sono le variabili che possono incidervi, Non puoi essere sicuro e garantire fino alla fine, se non sai quando sarà e che forma avrà la fine".
"Si,può essere. Ma siamo programmati a ragionare così: difficile cambiare impostazione. Pensaci: ogni volta che ti si pone innanzi una novità, una situazione che richiede una decisione, una scelta, cos'è che cerchi di capire per decidere?Dove quella cosa, quella scelta, quella situazione ti porterà!E in genere non ti accontenti di sapere quali saranno le conseguenze immediate, ma cerchi di prevedere il futuro, di anticipare le conseguenze più lontane. Ed è lì che spesso scatta la paralisi o la rinuncia, due vie per l'infelicità. Non potendo prevedere, non potendo avere la certezza che le cose andranno bene o ti immobilizzi nella speranza di ricevere una qualche illuminazione dall'alto o lasci proprio stare non pensandoci più. A meno che, certo, non appartieni al ristretto gruppo di quelli che fanno, punto e basta. Agiscono, scelgono senza fasi troppe domande, senza andare alla ricerca di troppo risposte. Sono ottimisti o più semplicemente incoscienti".
"O forse, ancor più semplicemente, persone che mentre si fanno le domande continuano a vivere. Che la vita più che pensarla la vivono, senza cercare di ripulirla dalle sbavature, accettandone le sfumature, anche se queste la rendono sfuggevole, impossibile da controllare, da prevedere appunto".
"Che intendi dire che io o meglio che noi non viviamo?"
"No, certo che viviamo, ma a rallentatore, imponendoci col pensiero dei blocchi innaturali rispetto al fluire della vita".
"Cioè secondo te dovremmo agire sempre e solo di impulso?"
"Dovremmo sempre e solo vivere nell'unico tempo che ci appartiene, l'oggi, e non pretendere dall'oggi quello che non può darci"
"Oh come fai l'enigmatica!Cosa non può darci l'oggi?"
"Il domani, o meglio la certezza del domani"
"Cerchi di essere più precisa signorina"
"Davanti a quella porta che mi hai chiuso in faccia cosa mi diceva l'oggi attraverso la mia vita, il mio corpo, il mio sentire, la mia mente, i miei ricordi, la mi volontà?Mi diceva che io volevo ancora che tu ci fossi per me e che io volevo ancora esserci per te. E che,se anche quella fosse stata la tua scelta definitiva, io un tentativo dovevo ancora farlo, avevo un margine di azione prima di accettare passivamente la tua volontà. Il resto si sarebbe definito da sé, il futuro lo avrebbero scritto gli eventi così come l'incrocio delle nostre volontà. La porta avrebbe potuto non aprirsi, rimanere bloccata; tu avresti potuto non esserci più o esserci ma non voler ascoltarmi, o avresti potuto andartene dopo avermi ascoltato. Io non lo sapevo e non potevo saperlo, ma questo non avrebbe dovuto bloccarmi. Non potevo saperlo perchè non dovevo saperlo: non è nel mio, nè nel tuo potere saperlo...e meno male!Ora, per questo, ti chiedo di nuovo: quando hai chiuso quella porta cosa hai pensato?Cosa volevi davvero - tolte le paure per il domani, per l'incerto, etc. - ?
"Difficile dirlo, chi si ricorda, è passato quasi un anno"
"Non posso penare che non te lo ricordi. Si tratta di ricordi che passano dal cuore, dalle emozioni: in genere non vanno via così facilmente. Rimangono in forma meno cosciente, meno razionale, forse diventano sensazioni, ma rimangono"
"Ti odio quando inizi a fare la finta psicologa"
"Dai!!!Allora?"
"Aspetta: mi concentro, chiudo gli occhi, massaggio le tempie e..ecco..ecco...mi sembra di vedere qualcosa...o qualcuno...si ecco...ricordo!"
"Hai finito di fare lo scemo?"
"Si per ora direi di si. La verità è che non so bene quale sia la risposta" [silenzio] "No è che mi da fastidio ammettere di avercela una risposta perchè credo di averla ignorata finora"
"Ah ahhh...scoperto!"
"Cosa ah ahhh?"
"Quindi quindi?"
"Presciarola"
"Sorry, I can't understand"
"Si come no: va curcati! Chiusa la porta non ho pensato, non ho ragionato - te l'ho detto -. E' stato come esser travolto da un'ondata di ricordi. Sai la famosa pellicola che ti scorre davanti poco prima di morire?Ecco tipo...in fondo qualcosa stava morendo in quel momento: noi. Mi sono rivisto accanto a te a dormire in spiaggia in quella notte di note, stelle e vino, o ancora insieme a ballare in piazza al suono dei tamburelli,  a guardare il tramonto della luna avvolti in una coperta distesi sull'erba, immersi in quel silenzio che sapeva di tutto"

....[Continua...forse]

lunedì 15 giugno 2015

Mille sfumature di vita

Se c'è una cosa di cui non finirò mai di stupirmi sono le mille sfumature che la vita è in grado di assumere nel tempo e nello spazio. Non ci sono colori per descriverle tutte, non ci sono nomi che le possano contenere tanto sono...sfumate.
Passiamo una vita intera cercando di identificarci con un colore che dica chi siamo, cosa vogliamo, cosa desideriamo, cosa amiamo, cosa odiamo, come ameremo, come studieremo, lavoreremo, come moriremo.
Una vita nel tentativo di incasellarci prima che siano gli altri a farlo: siamo nati tra i grigi ma noi vogliamo essere rossi; ci hanno affibbiato la maglia bianca ma noi ci ribelliamo colorandoci qua e là di viola.
E quasi per una tacita vendetta, per il gusto subdolo che si prova nel poter dire " se è toccato a me, allora anche a te", finiamo col fare lo stesso con gli altri. Alle volte basta una loro parola, un espressione del viso, se non addirittura il loro modo di mangiare, di camminare, di sorridere, di vestirsi: un micro-elemento, forse episodico, magari anche casuale, ci basta per stabilire di che colore è la loro vita,e non solo quella presente ma spingiamo la presunzione fino al punto di poter profetare sulla continuità inarrestabile della loro esistenza.
Se sai di che colore sei e di che coloro sono gli altri allora tutto è più semplice: non azzardi abbinamenti sbagliati, non ti mischi con colori che possono alterare la tua luminosità fino a farti diventare nero. Ma se non riesci ad identificare il colore degli altri (e il tuo) allora tutto è più complicato, sfuggente.
I cangianti spaventano: sono diversi a seconda del punto di vista da cui li guardi o, forse meglio, del punto da cui si fanno colpire dalla luce. Un attimo prima sono rossi, un attimo dopo sfumano verso il marrone. Lo stesso vale per gli striati e in generale per tutti i policromatici: perché sì, esistono anche loro. Li stigmatizziamo quasi sempre come insensati, illogici, inconcludenti, imprevedibili se non addirittura pazzi. In realtà hanno un colore prevalente ma non lasciano che questo copra gli altri, che li condizioni in assoluto impedendogli di venire fuori nelle altre sfumature.Sono persone che hanno rinunciato alla compattezza del colore unico, hanno affondato le mani nella vernice della loro storia e hanno visto che sotto ogni strato di colore ce ne stava un altro, più vivido, più forte ed ugualmente vero. Alle volte hanno deciso di vivere a fasi questi colori (il periodo blu, quello fucsia, quello indaco) senza scandalizzarsi nel passaggio da una fase all'altra; altre volte, invece, per poter godere di questo arcobaleno che la vita gli poneva tra le mani hanno deciso di mescolare quei colori. Dal mix è nato un coloro nuovo, unico, vivace, mai uguale a se stesso, capace di diluirsi o di addensarsi a seconda delle situazioni. Accettare quel colore è abbracciare le contraddizioni che ci abitano e sapere che con quelle si colora l'arcobaleno della nostra esistenza.
Siamo buoni ma conosciamo il gusto acido della cattiveria gratuita. Siamo ineccepibili ma facciamo delle scivolate incredibili. Siamo puntuali ma alle volte lasciamo che il tempo si impossessi di noi e smettiamo di controllarlo (o almeno vorremmo farlo!). Siamo sinceri ma taciamo le verità più assordanti. Siamo innamorati ma alle volte i nostri occhi lanciano sguardi tormentati al nuovo. Rispettiamo le regole ma all'occorrenza sappiamo tradirle o desideriamo farlo.Siamo estroversi ma non possiamo fare a meno di scappare nell'interiorità lontani da tutti. Siamo capaci di grandi gesti di altruismo ma tocchiamo anche l'abisso dell'indifferenza. Pronunciamo parole che non sempre hanno consistenza reale nel nostro cuore. Costruiamo castelli che non avevamo neanche intenzione di progettare. Conosciamo il dovere ma -fortunatamente- non possiamo fare a meno di sorridere all'umano. Nascondiamo desideri di libertà che nel segreto continuiamo a coltivare. Copriamo sotto il velo rassicurante dell'abitudine fragilità che forse lasciate sotto il sole saprebbero farsi semi di vita nuova.
Ad ogni forma possibile di noi un colore, ad ogni sfumatura un sentire. E allora sprigioniamo le infinite sfumature di vita che ci è dato di sperimentare!

giovedì 7 maggio 2015

Preghiera ignorante

Vorrei pregarti ma oggi come non so.
Oggi non riconosco la consistenza del sentire che come onda si apre e si ritira continuamente nel "durante"
 di queste giornate.
Oggi non so interpretare i pensieri che come girandole fiorite assecondano il vento senza potergli opporre resistenza.
Oggi non so controllare le lacrime mute - dicessero qualcosa! - che dalla punta del mento fanno tuffi a colpire sezioni di un corpo altrettanto muto.
Oggi non so scolpire il blocco di marmo, compatto - irritante nel suo esserlo - che mi è posto davanti con un grosso cartello in cima: "dammi forma...trova forma"
Oggi non so come si ascoltino le voci di dentro quando fuori è tutto frastuono.
Oggi non so come si possano tacitare le voci di fuori quando dentro è silenzio arrogante.
Oggi non conosco il sapore dei desideri veri, che resistono, e non trovo parole per interrogarli.
Oggi non conosco la pazienza del piantare senza vedere crescere.
Oggi non ho l'intelligenza del cuore che discerne i voleri, filtra le attese, soppesa i pensieri.
Oggi non conosco l'arte della memoria grata.
Solo una cosa oggi riconosco: la mia ignoranza e la Tua sapienza, la contingenza della prima e l'eternità della seconda.
Solo questo oggi riesco a chiederti: di rendere sapido ciò di cui oggi ignoro il sapore ma che da sempre in Te è sapore.



giovedì 12 febbraio 2015

In quel giorno che non avrà mai fine

Carissima Elda,
scusa se mi sono fatta attendere così tanto, ma come sai vivo in una situazione in cui le comunicazioni non sono tanto facili. Questo forse serve ad apprezzarle ancora di più!Ho aspettato, desiderato, pregustato il momento in cui avrei potuto riprendere la penna in mano per tornare a scriverti. Ho appuntato i pensieri per te lì dove mi capitava:negli angoli degli scontrini, dietro il biglietto del treno, in pezzi di carta rubati qua e là. Quanto è bello avere un “tu” a cui rivolgere i propri pensieri anche senza goderne la presenza fisica, potendovi istaurare un dialogo continuo, che non subisce le interruzioni del tempo o della distanza.
Qui la natura continua a parlare di impossibile divenuto possibile nelle mani di Dio. Dalla mia costa di frontiera voltandomi appena un po’verso le colline vedo la neve, e la sento – accipicchia! – sul viso al mattino e sul naso alla sera quando fatico a riscaldarmi sotto le coperte. La neve quest’anno è stata per me il simbolo del Suo modo di intervenire nella mia vita: imprevisto, abbondante, luminoso.
A proposito di luce, è da un paio di giorni che mi sono incastrata in un pensiero ricorrente. Nel piccolo tragitto che ogni mattina percorro per andare da casa mia al lavoro mi è capitato in quest’ultima settimana di inciampare in un mandorlo fiorito. Non so se era già così al mio arrivo, un mese fa, o se effettivamente è fiorito in quest’ultima settimana. Quel che è certo è che io mi sono accorta della sua presenza in una giornata di sole. Quel legno scuro con i petali rosati a contrasto mi ha sempre trasmesso un’idea di forza e delicatezza insieme, come a dire che il possesso dell’una non esclude il praticare l’altra. Ma questa è una divagazione scusa!Dicevo: mi sono accorta del mandorlo ormai in fiore in una splendida giornata di sole, anzi proprio perché era immerso nella luce del sole. Allora mi sono fermata un attimo e mi sono guardata intorno: l’aria era immobile come solo qui riesce ad essere, le nuvole appena accennate con la punta del pennello e subito sotto, lì dove il cielo si stacca dalle punte delle colline, una distesa di colori, non troppo vari – è pur sempre inverno – ma intensi. Solo la luce può fare tanto: restituire ai colori la loro pienezza, alle cose la loro immagine più vera.
Così non ho potuto fare a meno, cara Elda, di pensare a cosa vuol dire per noi essere figli della Luce. Che chiamata che ci è stata consegnata!Ma ci pensi?Siamo destinati a vivere come se fosse sempre giorno, come se intorno a noi risplendesse la luce di un sole eterno. Chi è che in una bella giornata di sole, anche se le cose gli sono andate storte, non si ferma almeno un attimo a distendere gli occhi verso l’orizzonte e a farsi riscaldare dai raggi confortanti?Forse chi non è capace di vedere il Sole, ma gli altri, tutti conosciamo bene il potere rassicurante della luce. La luce mette allegria, da gioia, nella luce tutto sembra possibile, ci sentiamo ricaricati, riconquistiamo forze che pensavamo di non avere, ci viene naturale sognare, sperare, immaginare. Nella luce vediamo (anche i mandorli in fiore un po’ fuori stagione!), riusciamo a mettere a fuoco e notare quelle che nel buio sono solo sagome indistinte.
A questo siamo chiamati e così io voglio vivere, amica mia: in un giorno che non avrà mai fine. Pensa che carezza per il cuore: nel dolore, nella malattia, nell’angoscia, nella paura, nella disperazione, nella fame, nella povertà, in tutte quelle situazioni soggettive o oggettive che ci spingono a ripiegarci su noi stessi, poter avere la certezza di essere non nelle tenebre ma al massimo solo all’ombra del Sole!Riuscire a mettere la nostra vita davanti a quel Sole è l’unico modo per continuare ad attraversarla nella speranza.
Come in una catena, a questi pensieri si è unito un ricordo. Quando andavo alle elementari la maestra d’arte ci insegnò una tecnica di colorazione particolare da realizzare coi colori a cera. La usavamo soprattutto per riprodurre i cieli stellati. Bisognava fare un primo strato di colore col giallo e poi sopra passarci, con sicurezza, un secondo e compatto strato di blu. La prima volta che ce lo disse lo feci con un po’ di resistenza. Mi dava fastidio quel blu passato a ricoprire il giallo, mi sembrava una bruttura: che senso aveva?Era un inutile ammasso di colori. Poi, però, ci spiego come procedere e con la punta del tappo di una penna Bic ci disse di incidere il blu, dando all’ ìincisione la forma di una stella stilizzata: ecco allora apparire tante stelline gialle a riempire quel blu notte altrimenti così buio.
Il mio ricordo in questi ultimi giorni si è caricato di un significato nuovo. Noi siamo, per nostra natura e perché a Sua immagine, come quel foglio colorato di giallo: luminosi, abbaglianti!La vita però spesso cala su di noi un velo blu, profondo come la notte. Allora ci convinciamo di dover vivere così, con addosso questo colore spento, buio. Ecco, io penso che se solo riuscissimo a ricordarci di quel giallo che ci portiamo dentro, e che continua ad esserci sotto il blu, potremmo accendere tante nuove stelle, tanti piccoli soli nei nostri giorni.
Ti auguro, dunque, nuove giornate di sole e di poter accendere tante piccole stelle pur nel blu che colora a volte la nostra vita!


martedì 6 gennaio 2015

Pezzi di lettere: il canto della melagrana

Carissima Elda,
Ti ho già manifestato la mia gioia per questo nuovo amore venuto a scompigliarti i capelli e a riempirti gli occhi, ma sento il bisogno di dirtela ancora.
Considerami vicina a te in queste giornate così dense e cariche di emozioni. Ti siedo accanto nelle notti abitate dalla paura e dalla speranza, che convivono nel cuore di chi custodisce sogni grandi. Rido al ritmo del tuo sorriso vivace, quando le gote si fanno più rosse per l'imbarazzo di un amore ormai noto al mondo e impossibile da nascondere. Piango delle tue stesse lacrime di commozione quando la gioia e la tenerezza si fanno fiume in piena, impossibile da contenere.
E' l'amore che esplode e tu assaporalo Elda, perché  anche se durerà in eterno questo gusto non lo avrà più: è una fortuna che l'amore si evolva, cambiando sapore a seconda delle stagioni perché la nostra bocca non ne faccia mai l'abitudine.
Pensandoti, occhi negli occhi, con questo volto in cui ormai riconosci il tuo, ti ho immaginata a cantare l'amore così:

Se vuoi sapere quale amore potrò darti
come melagrana dovrai immaginarmi.
Così ti verrò incontro e lascerò che tu mi scopra.
Non dovrai fermarti al "primo essere" che inganna
anche se in quello già troverai tracce di me.
Alle volte sarò di un rosso definito, altre striato di oro.
Mi mostrerò compatta, salda, forse anche impenetrabile
come se in me  fossi compiuta;
ma se avrai il desiderio di guardare dentro
conoscerai l'insufficienza dello sguardo.
In me trovano spazio profondi incavi
disposti ad accogliere pezzi del  mio e del tuo infinito.
Incavi del cuore e del ventre, disposti a farsi casa,
incavi nel pensiero e nelle parole che sempre vogliono afferrare l'oltre.
Non sono vuoti, cercano pienezza.
Non sono sterili, custodiscono l'origine.
Vi abitano tanti arilli, quante sono le vite che mi porto dentro.
Sono semi e acqua, vita nella vita.
Attaccati tra loro, ma ognuno distinto,
sono la complessità dei moventi del cuore
la polifonia delle voci dell'anima,
promessa di fecondità.
Fanno il corpo, reggono l'apparenza della buccia
nella loro delicata inconsistenza.
Se vuoi sapere quale amore potrò darti
prendi tra le mani i miei arilli,
portali alla bocca ma senza avidità, custodendo l'unicità di ognuno.
Assapora il succo, non buttar via il seme, è vita nella vita.
Dissetati, ma un chicco alla volta, senza fretta.
e ogni volta che mi pensi ricorda che per te sarò una,
come uno è la melagrana che ho ora dinnanzi,
senza rinunciare alla complessità dei moventi,
alla polifonia delle voci,
alla promessa di fecondità che mi porto dentro.