sabato 8 ottobre 2016

Ti aspetto qui,nel mio tempo di mezzo.

Carissima Elda, qui l'autunno ha iniziato a farsi strada come onda che batte sulla riva e si ritira con disinvoltura: prende spazio penetrando nell'aria, sempre più frizzante, ma poi si ritrae ancora, rispettoso del sole. Ha iniziato, come sempre, a farsi strada anche intorno a me pretendendo una rinnovata freschezza di pensieri: è tempo di abbandonare le ubriacature della calure estiva, che fa vibrare le immagini all'orizzonte; è tempo di visioni umide,come quelle che concede allo sguardo l'ombra lunga dei rami quando gli alberi iniziano a svestirsi. Ecco che allora abbasso leggermente la palpebra. distendo l'occhio, aguzzo la vista, e per un attimo torno a vedere in modo "disteso" come chi subito prima ha puntato lo sguardo verso un oggetto eccessivamente illuminato. Le condizioni di luce sono migliori, le cose mi vengono incontro più definite ma non per questo più "comprensibili". Quello che vedo davanti a me è comunque piuttosto confuso. O io lo sono in mezzo ad esso. E' autunno, cara Elda, ma forse mai lo è stato con così tanta forza. E' autunno nell'autunno. Lo è per le foglie, lo è per gli astri, lo è per l'atmosfera e per i tassi, ma lo è sopratutto per noi. E nel dire "noi" provo ad elaborare, a stento, un'associazione al genere umano che mai come stavolta mi risulta difficile. Perché lo puoi immaginare il mio tempo vive del ritmo di un'altra stagione, quella di mezzo, innominata, che sta in bilico tra la primavera e l'estate, tra la promessa e l'esplosione matura della vita. Quindi, ti dicevo, è autunno intorno in me ma non per me. Lo stridore rende tutto ancora più inteso, contribuisce alla lucidità della visione. E' un autunno che non è iniziato due settimane fa, come pure il calendario potrebbe far pensare. Ha radici più profonde, più buie, che non saprei né voglio ripercorrere perché conducono all'abisso nell'animo umano. I tratti dell'autunno li riconosci tutti anche se li leggi lì dove mai avresti pensato. Quali, tu dici? Guarda bene! Come ogni autunno, anche quella che stiamo vivendo è una stagione del torpore: ad essersi addormentati sono anzitutto i sensi che non riconosciamo più come parte legittima di noi. Li tacitiamo, li camuffiamo, li anestetizziamo, passiamo dall'infamarli se quello che rivelano di noi ci sta scomodo, all'esaltarli fuori da ogni ragionevolezza se dobbiamo nobilitare qualche aspetto troppo "animale" del nostro essere. Ma questo non basta. Abbiamo ceduto ad un ben più comodo torpore, quello del pensiero e della coscienza. E' un torpore non dichiarato, o meglio il più pericoloso non è quello evidente di chi del letargo ha fatto il suo stile di vita, ma quello latente di chi, per pigrizia o codardia, pur di schivare le conseguenze del "ragionare", si addormenta da sé, ripetendosi a mo' di ninna nanna la sterile sequenza delle cose che non vanno rispetto alle quali neanche abbozza tentativi di cambiamento. Si ripete il mantra, con una parvenza di attivismo, che copre in realtá il sonno profondo della sua ragione. Come ogni autunno, poi, anche questa stagione è segnata dal lento svestirsi della natura. E l'uomo, che della natura - anche se non sembra - ne è parte, partecipa a questo spettacolo di burlesque. Alcuni sono costretti a svestirsi di se stessi: del proprio nome, della propria storia, del proprio passato, dei propri desideri, dei propri affetti, lasciando che tutto cada, come foglie cullate dal vento e prive di ogni libertà che si poggiano sul mare fino ad esserne inghiottite. Altri non vi sono obbligati ma scelgono di svestirsi della loro umanità: dismettono il senso cedendo alla tentazione di una finta nudità, professata in nome di una libertà non vera, per cui si ricoprono di abiti prodotti in serie e mai della taglia giusta. Come ogni autunno, infine, anche in questo tempo vediamo le giornate accorciarsi e la luce durare sempre meno, assorbita da una notte silente in cui i colori non hanno più consistenza, le ombre disegnano passi incerti e distorti nelle dimensioni e gli sguardi si levano assetati verso l'alto desiderosi di piccole luci. Ecco, cara Elda, è questo un po' l'autunno che stiamo attraversando e non pensare che finirà al 21 dicembre!E' una stagione che non ha un inizio né una fine fissati, che segue cadenze diverse da quelle astrali. E' una stagione strisciante ma non eterna. Come faccio a saperlo, ti chiedi?Me lo dice la mia stagione del cuore che mi racconta di gemme rigonfie sui rami,di mandorli rivestiti, di tramonti distesi e allungati sulla sera, di frutti sugosi. Solo così, solo facendo esplodere come mine sparse le nostre piccole stagioni di mezzo, tra la primavera e l'estate, potremo togliere terra a quest'autunno dell'uomo