lunedì 13 ottobre 2014

Pezzi di lettere 2)

Carissima Elda,
torno a scriverti dopo quasi un mese dall'ultima lettera. Il clima non è cambiato a dir la verità: quest'estate continua a tener duro. Inizio a pensare che il tempo si sia fermato proprio per me, che la sospensione climatica stia assecondando la sospensione del mio animo.I cambiamenti ci sono, in realtà, dentro come fuori, ma sono impercettibili agli occhi veloci di chi osserva con stanchezza o superficialità.
Sono successe tante cose, cara Elda, o meglio: tanta vita è accaduta. Non starò a raccontarti la crosta degli avvenimenti: voglio solo provare a dirti la verità.
Dall'ultima volta che ti ho scritto credo di aver attraversato almeno tre fasi. Nella prima, costretta dall'incessante susseguirsi dei giorni,ho dovuto affrontare e sfidare gli alibi che mi ero procurata con tanta cura negli ultimi anni. Li avevo affinati, li avevo pensati nei minimi dettagli, li avevo "testati" usandoli come paraventi dietro cui avevo nascosto alcune paure folli e disperate (come tutte le paure che si rispettino). L'amore tenero di chi mi è vicino è entrato come una folata di vento del nord e ha fatto cadere i paraventi. Dietro c'era un'altra immagine di me, che teneva in una mano dolci infantilismi con cui continuavo a trastullarmi all'oscuro del mondo e nell'altra un gusto per il dramma con cui tante volte avevo vestito i panni della vittima.
Con queste due nuove consapevolezze sono entrata nella seconda fase. Ancora una volta ho sperimentato quanta vita passa tra le parole con cui ci raccontiamo i nostri desideri e la carne che serve perché essi si realizzino. Più volte nei mesi scorsi avevo consegnato al Suo cuore infinito il desiderio di essere "mangiata", di confondermi fino allo smarrimento con l'umanità che mi circonda. In queste ultime settimane ho dovuto prendere atto di come io non sia ancora pronta a questa offerta totale e, anzi, di come essa non possa che essere frutto di un dono, non di me stessa verso gli altri, ma da Lui a me. Con semplicità e pazienza mi ha ripetuto ancora una volta che accogliere l'altro significa farlo nei suoi tempi e con i suoi modi, non secondo la mia convenienza, entro i miei comodi confini. L'altro, se lo fai entrare davvero, occupa spazio, tutto quello che la vita pretende.
In questa seconda fase mi hanno fatto compagnia due riflessioni, che si sono in realtà fermate al livello di semplici "intuizioni" che forse dovrò ancora masticare. Sono stata in tribunale di recente, così senza nessun ruolo preciso, e nell'anonimato concessomi ho avuto più tempo per guadarmi intorno. Ho visto il crocifisso con sotto la tipica frase dei tribunali, "La legge è uguale per tutti", e ho provato fastidio. Inizialmente non riuscivo a capire perché ma poi l'intuizione è arrivata. L'accostamento era di certo tra i più sbagliati per me. Quel crocifisso, infatti, rappresenta l'insufficienza- necessaria-  della giustizia umana, della legge, superata da quell'amore più grande che in quel legno è impresso per sempre. L'Amore è compimento della legge, suo superamento appunto. Solo in questa chiave, solo con questa consapevolezza posso accettare di sottopormi a quella legge, di lavorare per essa. L'altra riflessione mi è stata suggerita da una corsa in autobus. Il tipo alla guida era davvero spericolato e mi è venuto naturale pensare che ogni qualvolta che saliamo su un bus, prendiamo un taxi, tacitamente diciamo all'autista "Mi fido di te". Questa manifestazione di fiducia la ripetiamo quotidianamente in mille gesti, dai più insignificanti ai più importanti : ci fidiamo degli altri guidatori mettendoci in macchina o camminando per strada come pedoni, ci fidiamo del panettiere da cui acquistiamo il pane, ci fidiamo del medico a cui affidiamo la nostra vita. Ci fidiamo perché non abbiamo scelta, perché è su questa fiducia "spontanea" che poggia tutta la convivenza sociale. Eppure facciamo una fatica enorme a fidarci nelle relazioni interpersonali, a dare fiducia a chi ci sta più vicino, forse perché più ristretto è il raggio entro cui si producono gli effetti della violazione della fiducia: ci sembra di sentirli più forti sulla pelle. Allo stesso modo facciamo tanta fatica a fidarci di noi stessi: delle nostre capacità, delle nostre possibilità, dei nostri sentimenti.
Seguendo il flusso di questi "bozzoli" di riflessione - che chissà prima o poi diventeranno farfalle- sono arrivata alla terza fase. Tempo di sospensione, tempo indefinito, tempo in cui ondeggiare. I toni sono pacati, i colori leggermente opachi ma credo sia ancora una volta a causa della paura: abbasso il volume delle emozioni preventivamente perché non debba farlo violentemente. Qualcosa però serpeggia, anche contro la mia volontà. Tutti i desideri sembrano sopiti, anch'essi avvolti in questa generale sospensione del giudizio, tutti tranne uno: quello di ritrovarmi dentro uno sguardo, in un abbraccio, dietro un sorriso che null'altro chiede se non di "essere per". Mi tornano così spesso in mente queste parole del poeta:
"Felice l'istante in cui siederemo nel palazzo,
tu e io
con due forme e due volti, ma una sola anima,
tu e io
e quando entreremo nel giardino,
tu e io
i colori dei fogliami e le voci degli uccelli
ci colmeranno di immortalità,
tu e io,
e resteremo uniti nell'estasi
con le parole con il silenzio,
tu e io
e gli uccelli del cielo invidieranno le nostre risa irrefrenabili
e l'allegria dei nostri cuori,
tu e io".
Felice l'istante in cui tutto questo sarà anche per me, per noi, con le parole e con il silenzio.
Buona notte cara Elda.