giovedì 12 febbraio 2015

In quel giorno che non avrà mai fine

Carissima Elda,
scusa se mi sono fatta attendere così tanto, ma come sai vivo in una situazione in cui le comunicazioni non sono tanto facili. Questo forse serve ad apprezzarle ancora di più!Ho aspettato, desiderato, pregustato il momento in cui avrei potuto riprendere la penna in mano per tornare a scriverti. Ho appuntato i pensieri per te lì dove mi capitava:negli angoli degli scontrini, dietro il biglietto del treno, in pezzi di carta rubati qua e là. Quanto è bello avere un “tu” a cui rivolgere i propri pensieri anche senza goderne la presenza fisica, potendovi istaurare un dialogo continuo, che non subisce le interruzioni del tempo o della distanza.
Qui la natura continua a parlare di impossibile divenuto possibile nelle mani di Dio. Dalla mia costa di frontiera voltandomi appena un po’verso le colline vedo la neve, e la sento – accipicchia! – sul viso al mattino e sul naso alla sera quando fatico a riscaldarmi sotto le coperte. La neve quest’anno è stata per me il simbolo del Suo modo di intervenire nella mia vita: imprevisto, abbondante, luminoso.
A proposito di luce, è da un paio di giorni che mi sono incastrata in un pensiero ricorrente. Nel piccolo tragitto che ogni mattina percorro per andare da casa mia al lavoro mi è capitato in quest’ultima settimana di inciampare in un mandorlo fiorito. Non so se era già così al mio arrivo, un mese fa, o se effettivamente è fiorito in quest’ultima settimana. Quel che è certo è che io mi sono accorta della sua presenza in una giornata di sole. Quel legno scuro con i petali rosati a contrasto mi ha sempre trasmesso un’idea di forza e delicatezza insieme, come a dire che il possesso dell’una non esclude il praticare l’altra. Ma questa è una divagazione scusa!Dicevo: mi sono accorta del mandorlo ormai in fiore in una splendida giornata di sole, anzi proprio perché era immerso nella luce del sole. Allora mi sono fermata un attimo e mi sono guardata intorno: l’aria era immobile come solo qui riesce ad essere, le nuvole appena accennate con la punta del pennello e subito sotto, lì dove il cielo si stacca dalle punte delle colline, una distesa di colori, non troppo vari – è pur sempre inverno – ma intensi. Solo la luce può fare tanto: restituire ai colori la loro pienezza, alle cose la loro immagine più vera.
Così non ho potuto fare a meno, cara Elda, di pensare a cosa vuol dire per noi essere figli della Luce. Che chiamata che ci è stata consegnata!Ma ci pensi?Siamo destinati a vivere come se fosse sempre giorno, come se intorno a noi risplendesse la luce di un sole eterno. Chi è che in una bella giornata di sole, anche se le cose gli sono andate storte, non si ferma almeno un attimo a distendere gli occhi verso l’orizzonte e a farsi riscaldare dai raggi confortanti?Forse chi non è capace di vedere il Sole, ma gli altri, tutti conosciamo bene il potere rassicurante della luce. La luce mette allegria, da gioia, nella luce tutto sembra possibile, ci sentiamo ricaricati, riconquistiamo forze che pensavamo di non avere, ci viene naturale sognare, sperare, immaginare. Nella luce vediamo (anche i mandorli in fiore un po’ fuori stagione!), riusciamo a mettere a fuoco e notare quelle che nel buio sono solo sagome indistinte.
A questo siamo chiamati e così io voglio vivere, amica mia: in un giorno che non avrà mai fine. Pensa che carezza per il cuore: nel dolore, nella malattia, nell’angoscia, nella paura, nella disperazione, nella fame, nella povertà, in tutte quelle situazioni soggettive o oggettive che ci spingono a ripiegarci su noi stessi, poter avere la certezza di essere non nelle tenebre ma al massimo solo all’ombra del Sole!Riuscire a mettere la nostra vita davanti a quel Sole è l’unico modo per continuare ad attraversarla nella speranza.
Come in una catena, a questi pensieri si è unito un ricordo. Quando andavo alle elementari la maestra d’arte ci insegnò una tecnica di colorazione particolare da realizzare coi colori a cera. La usavamo soprattutto per riprodurre i cieli stellati. Bisognava fare un primo strato di colore col giallo e poi sopra passarci, con sicurezza, un secondo e compatto strato di blu. La prima volta che ce lo disse lo feci con un po’ di resistenza. Mi dava fastidio quel blu passato a ricoprire il giallo, mi sembrava una bruttura: che senso aveva?Era un inutile ammasso di colori. Poi, però, ci spiego come procedere e con la punta del tappo di una penna Bic ci disse di incidere il blu, dando all’ ìincisione la forma di una stella stilizzata: ecco allora apparire tante stelline gialle a riempire quel blu notte altrimenti così buio.
Il mio ricordo in questi ultimi giorni si è caricato di un significato nuovo. Noi siamo, per nostra natura e perché a Sua immagine, come quel foglio colorato di giallo: luminosi, abbaglianti!La vita però spesso cala su di noi un velo blu, profondo come la notte. Allora ci convinciamo di dover vivere così, con addosso questo colore spento, buio. Ecco, io penso che se solo riuscissimo a ricordarci di quel giallo che ci portiamo dentro, e che continua ad esserci sotto il blu, potremmo accendere tante nuove stelle, tanti piccoli soli nei nostri giorni.
Ti auguro, dunque, nuove giornate di sole e di poter accendere tante piccole stelle pur nel blu che colora a volte la nostra vita!